No Cicero e Cecchetto non siamo d'accordo per il ritorno delle “Case Chiuse”

29.07.2013 13:48

   

 

In questi giorni bollenti le Amministrazioni vicentine che risento della questione della prostituzione, stanno andando di volta al cervello e ripropongono le vecchie ricette degli anni precedenti, senza realmente pensare alla risoluzione del problema. C'è innanzitutto, molta confusione sulle terminologie “case chiuse”, casini, bordelli e “case del piacere”. Molti pensano che siano la stessa cosa, ma la storia lo nega. Le “Case Chiuse” sono un triste ricordo del primo novecento, che non vorremmo ritornasse. Queste furono delle vere e proprie zone di sfruttamento ove le lavoratrici, vi risiedevano, avevano uno standard di lavoro che andava dalle 30 alle 50 marchette al giorno e per non più di 15 giorni, dopo di che la ragazza veniva cambiata, come uno strofinaccio. Le professioniste che vi esercitavano erano sottoposte a controllo statale sia dal punto di vista sanitario con visite coatte e umilianti, sia con schedatura e registrazione in un apposito libro, tanto che nei loro documenti vigeva la dicitura prostituta. Le “case chiuse” nascono nel periodo Giolittiano, precisamente con Crispi a fine Ottocento, ove i casini, in cui si esercitava la prostituzione furono confinati ai margini dei centri storici, lontano da luoghi pubblici e avevano l'obbligo di tenere le serrande abbassate o gli scuri chiusi.

Furono per questo chiamate “Case chiuse”, esse dovevano dare un segnale chiaro che lì si esercitava una professione considerata degradante per la società, ma utile all'uomo. Le 560 “case della schiavitù” furono chiuse definitivamente nel 1958 con la legge 74 detta Merlin, poiché considerate gravemente limitanti per i diritti umani e meta dello sfruttamento della malavita. Lo scopo della legislatrice era non di vietare l'esercizio della prostituzione, ma di dare dignità alle donne anche le lavoratrici del sesso; purtroppo i legislatori maschi fecero opera di depauperamento della proposta di legge, riportandola ancora nei canoni del proibizionismo ufficiale e del permissivismo nascosto, al punto che non è vietata la prostituzione, ma l'adescamento. Senz'altro a persone come Cicero, e a qualche perbenista, farà piacere il loro ritorno, ma a noi no. Pensiamo che il corpo di queste lavoratrici e lavoratori, non può essere definito come mero oggetto, da usare per il proprio piacere animale, ma abbia comunque una propria dignità e dei diritti; vanno quindi rispettate pause dal lavoro e il numero delle prestazioni da effettuare. L'abolizione della Legge 74/58, non risolverebbe le problematiche che l'esercizio crea, ma ne caricherebbe delle altre, accentuando il degrado dovuto allo sfruttamento della manodopera non consenziente e clandestina, che sfuggirebbe ancor di più dalle mani giustiziali. Ma soprattutto passerebbe il vecchio concetto patriarcale che il corpo di una donna va usato e abusato, naturalmente di nascosto dagli occhi cittadini. Noi siamo invece per risolvere la questione relativa all'esercizio della prostituzione non abolendo la normativa vigente, ma riformandola, e magari permettere il mestiere in strutture riconosciute chiamiamole “Case del piacere” dove le lavoratrici e i lavoratori del sesso, esercitano, offrono un servizio che oltre a dare un piacere sessuale, insegna al/la cliente, a prendere coscienza delle sensazioni del proprio corpo e anche in alcuni casi a risolvere questioni di malattie psico-sessuali e di problematiche con il/la partner. Un luogo dove è assicurata alle lavoratrici/ori, oltre al cliente, una sicurezza si igienica e sanitaria, ma soprattutto delle normative sul lavoro; aperto e non emarginato nella periferia cittadina, nascosto al pubblico. Ciò implica la legalizzazione del lavoro del sesso, regolamentazione di orari, tariffe e norme di ordine sanitario, onde evitare situazioni di sfruttamento e schiavizzazione delle lavoratrici. E i controlli devono essere fatti solo dal punto di vista del rispetto della legislazione sul lavoro. Facciamo appello a tutto il mondo femminile e al vasto mondo delle sex worker affinché si alzi un grido contro il referendum per l'abolizione completa o in parte della legge 74/58, al fine di evitare l'ennesimo pasticciaccio all'Italiana e trovare una soluzione reale, che potrebbe essere anche farsi promotori affinché il disegno di legge presentato dal Sindacato delle Lucciole nella scorse legislature in parlamento, arrivi veramente alle camere e non rimanga nascosto in qualche cassetto essendo un argomento per qualcuno imbarazzante.

Irene Rui – Forum donne PRC - Vicenza